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sabato 13 ottobre 2007

Protestare? Giustissimo, ma....


E’ innegabile che farsi sentire quando ci si sente derubati di qualche diritto è una cosa sana. Sanissima.

E dire che la scuola pubblica (quella privata, cioè cattolica, è prospera) è il ruotino di scorta del sistema-Italia, non è una cosa sbagliata. Tutt’altro.

Il problema è che, visto l’andazzo della scuola-passatempo, degli ultimi anni queste proteste rischiano ( come spesso è) di essere cavalcate da orde di adolescenti nullafacenti e svogliati che facendosi scudo delle manchevolezze della scuola, invocano una scuola che non differisce molto da un circolo di bocce.

E’ così scandaloso rimettere l’esame di riparazione? Se fatto seriamente è una cosa buona, visto l’andazzo generale di “apparare” più o meno lecitamente i debiti formativi acquisiti.

Ma in piazza ci sono nugoli di studenti che si lamentano che così devono studiare pure d’estate ( come se lo avessero fatto durante l’inverno se hanno il debito), che così non è giusto perché se poi un prof di prende di mira vieni bocciato…

Insomma, se la scuola avesse ancora valore nelle teste dei giovani italiani non sarebbero queste eventuali argomentazioni…


Invece di scendere in piazza a esigere insegnanti preparati e al passo con i tempi, che possano trasmetter loro al meglio la conoscenza e la curiosità, protestano affinchè si depotenzi ancora di più la scuola…

Per non parlare delle proteste universitarie…

Invece di preoccuparsi principalmente delle condizioni pietose in cui il grosso degli atenei italiani si trova in termini di mancanza di strutture e di finanziamenti per i giovanissimi e bravissimi ricercatori che abbiamo la fortuna di avere in Italia, si preoccupano del numero chiuso…

Questa è una boutade per far rumore ma è assolutamente un nonsense.

La tesi è : no al numero chiuso perché così non c’è “libero accesso ai saperi”.

Se si vuole essere realisti, però , bisogna ammettere che il sovraffollamento delle lezioni intacca innanzitutto la qualità dell’insegnamento.Conviene che un medico che dovrà fare il chirurgo o un ingegnere che dovrà progettare un ponte, riescano a comprendere appieno quello che andranno a fare.

E questo se ci sono 2000 studenti in un aula, stipati come in un carro bestiame, diventa complicato.

Quindi il numero chiuso, per alcune facoltà “delicate”, ben venga.

Certamente i meccanismi di selezione non sono quegli insulsi test di ingresso ( che ingrassano soltanto le università e i produttori dei manualetti per i test), ma non c’è nulla di scandaloso nel perseguire l’eccellenza.

Basterebbe invertire la logica dei test d’ingresso : non più un numero fissato di posti, ma un livello di conoscenza di base prestabilito. Chi raggiunge un certo punteggio può essere ammesso. Questo però richiede impegno e rigore per garantire ad un numero di studenti, variabile di anno in anno, una didattica decente. Ed evidentemente questo impegno le università non vogliono mettercelo…

E così si continua con i test-manfrina, con domandine insulse e magheggi di raccomadati…
Perlomeno così a Striscia sanno di cosa parlare....

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